In principio era la rage comics: non è che non esistessero i memi su Internet prima di allora, anzi i memi sono stati caratteristici del Web sin dalle sue origini ma con la rage comics il meme è diventato per la prima volta un fenomeno globale. Non solo aveva travalicato i confini del mondo virtuale, finendo stampato su magliette, diari e materiale scolastico, ma soprattutto era riuscito a uscire dalla nicchia di nerd che popolavano l’Internet dei suoi albori, ed erano diventati un qualcosa di noto più o meno a tutti gli (allora) giovani.
Come ogni forma di umorismo massificato a un certo punto finisce per snaturarsi e perdere il suo appeal: è infatti proprio in quel periodo che nasce il concetto di “cancro”. L’effetto di questa massificazione è stato la fuga da parte dei primi mematori dai formati della Rage comics, rifugiandosi nel Doge. Non ci volle molto perché anche il meme del Doge, subisse un destino simile a quello dei suoi predecessori arrivando a una scomparsa che senza saperlo chiudeva il periodo pre-ironico.
Nel periodo successivo, il fenomeno globale dei memi sembrava stare morendo, o per lo meno scemando al di fuori del Web. Con la Rage comics che pian piano veniva considerata universalmente fuori moda e la degenerazione della stessa e degli advice animals nel generico TT/BT in Impact, la comunità memetica originale cercò un’ulteriore via di fuga. Nacque così il periodo dei ghetto meme, ovvero un atteggiamento di chiusura alle masse e l’emersione di formati oscuri e difficili da leggere nell’intento di far tornare a essere i memi qualcosa di esclusivo, creando una divisione tra memi colti e memi di massa. L’epicentro sembrò tornare nei chan e nei vari siti di imageboard. Parallelamente, però, questa stessa comunità stava iniziando a prendere autocoscienza e ad indagare sul senso stesso del meme. Nasce quindi il periodo ironico. Si diffondono memi nonsense e meta-memi in cui centro del discorso (soprattutto sul piano umoristico) è il meme stesso. Questo viene così decostruito, analizzato e per la prima volta preso sul serio.
Questa fase si tramuta abbastanza rapidamente nell’era post-ironica (in cui ci troviamo adesso), una fase in qualche modo più matura del meme. Arresasi al fatto che in qualche modo i memi usciranno dalle nicchie, la comunità si riapre un’ondata di sperimentazioni che porterà a un nuovo periodo aureo.
Ciò non ferma il processo di decostruzione del meme. Analogamente all’ondata dei memi surreali nasce ed emerge il concetto di livello di ironia. Questo avrà un grosso impatto non tanto nei memi all’interno dei loro contenuti quanto nella comunità e come questa ha fatto evolvere il concetto stesso di meme.
Per andare oltre è necessario venire al titolo di questo post e spiegare alcuni concetti. Se a livello comico l’ironia può declinarsi in tanti modi, in senso più stretto, significa affermare qualcosa intendendo l’opposto. Questo concetto è incredibilmente versatile e va dal semplice umorismo di una battuta rapida, al sarcasmo, alla satira in cui si estremizza un concetto per sottolinearne i paradossi.
Cosa vuol dire dunque aggiungere un livello di ironia? La risposta non è banale. In teoria aggiungere un livello significa aggiungere una bugia alla bugia e tornare alla verità, come una doppia negazione in Logica. In realtà, questo non è l’unico scenario. Infatti, attraverso l’aggiunta di un livello si può tornare alla sincerità ma questo non è solo una cifra stilistica. Il fatto di essere passati dall’ironia in due livelli veicola un messaggio e presuppone non solo che l’ascoltatore presti massima attenzione, ma anche che sia in grado di cogliere tutto il contesto su cui si basa il doppio strato. In questo caso si parla di post-ironia, in una similitudine che vede nell’ironia il linguaggio tipico del post-modernismo, e nella post-ironia il corrispettivo del post-post-modernismo.
Il secondo scenario è quello della meta-ironia: qui il livello aggiuntivo diventa uno strumento riflessivo per parlare dell’ironia stessa. Mentre nella post-ironia il messaggio che si passa è equivalente a quello senza alcun livello di ironia, nella meta-ironia non solo è impossibile determinare il vero significato ma è anche poco importante. L’accento qui è sull’ironia in quanto tale, in un gioco fine a se stesso, un esercizio di stile da parte di entrambi gli interlocutori per decostruire e riuscire a comrpendere tutte le sfaccettature del messaggio in ogni sua accezione.
Tirare una linea di separazione netta tra post e meta-ironia è impossibile e non solo perché questo richiederebbe un processo alle intenzioni di chi sta veicolando il messaggio (perché nel caso di una comunicazione non strettamente verbale, il livello di ironia può essere portato proprio nella trasmissione, nella ripetizione decontestualizzata di un concetto altrui). Inoltre, a volte non è chiara neanche a chi veicola il messaggio l’intenzione. In altre parole non è sicuro se vuole o meno dire la verità.
Appare chiaro che tutte queste analisi postume non sono sempre consce a tutti i mematori. Nel periodo in cui si è iniziato a parlare (e memare) di livelli di ironia, tutto questo era ignoto e c’era una certa ingenuità. Il risultato di questa ingenuità è stato non comprendere l’effetto che i meme avrebbero avuto nel mondo politico, in particolare nelle elezioni statunitensi del 2016. Sarebbe ingenuo dire che tutta la questione di Pepe the frog è stata determinante nell’elezione di Trump ma a oggi costituisce un precedente importante.
Pepe the frog, personaggio nato dal fumetto Boy’s Club di Matt Furie, ha una storia peculiare. Entra in sordina nel mondo dei chan, diventando la genesi prima di molti meme, poi, in un certo senso, simbolo dei mematori più colti (nell’ambito della cultura di Internet). Una volta snaturato, attraverso un astuto utilizzo di meta-irona e post-ironia, Pepe è stato sempre più utilizzato dai mematori di estrema destra fino a essere considerato un simbolo d’odio ed essere sostituito da una sua versione ironica, per ripulire l’idea che il mondo memetico sia un appannaggio esclusivo dell’alt-right e portando lo stesso Furie a uccidere il personaggio nel tentativo di riappropriarsene.
Questo evento ha segnato la comunità di Internet: da un lato il gioco dei livelli aveva stancato. Dall’altro il precedente ha portato la consapevolezza del rischio di essere sempre sul filo del rasoio dell’ambiguità e che sono proprio i gruppi indesiderati a sfruttare la cosa a proprio vantaggio. Il dado però era ormai tratto, e gli utenti di Internet si erano e sono tutt’ora abituati a un umorismo sempre più elaborato e complesso. Questo ha mutato i modi di fare umorismo di due intere generazioni, travalicando ancora una volta i confini del virtuale.
Programmi TV come “Una pezza di Lundini“ sono solo l’esempio più visibile di quanto l’impatto dei livelli di ironia abbia lasciato i suoi strascichi. Un occhio più attento potrebbe fare caso anche al marketing virale di Unieuro, o la nuova ondata di musicisti demenziali. Questo è solo l’inizio di un cambiamento di cui non possiamo ancora comprendere la portata. Tra qualche anno forse lo saremo e io riprenderò l’argomento.