Ci sono un francese, un inglese e un italiano che si raccontano delle barzellette. Forse avrei dovuto dire c’erano perché, non solo introduzioni del genere non si sentivano dai primi anni 2000, ma non si proprio sentono più le barzellette. Pensateci su: quand’è stata l’ultima volta che vi siete fermati con gli amici a condividere l’antica forma dell’umorismo rimaneggiato? Se avete meno di 30 anni la risposta è probabilmente “parecchio tempo fa“.
Essendo un fenomeno sociale, era destinato a scomparire proprio perché tale e uno dei motivi maggiori potrebbe essere Internet. Con questo non voglio dire che da quando c’è il www è morto l’umorismo, anzi ha fornito pane per ogni dente e con i sui processi, ha mutato il nostro modo di farlo. Le barzellette sono un format lento, basato sulla memoria e che ci costringeva a programmi quali La sai l’ultima (non che oggi vada tanto meglio con i suoi eredi), esattamente l’opposto di quello a cui la rete ci sta abituando.
Internet ci sta infatti rendendo più smemorati, senza contare il problema delle barzellette rimaneggiate così tante volte da trovarne versioni opposte (soprattutto per quelle sessiste), e poi, se già è consuetudine non leggere gli articoli ma fermarsi solo ai titoli, figuriamoci, chi è disposto ad impegnarsi a leggere lunghi post per mezza risata!? Al posto delle vecchie e pesanti barzellette, però, proliferano altri format umoristici più moderni.
Prima tra tutte c’è la battuta, termine molto ampio ma efficace in questo caso. Infatti molte sue forme sono di largo uso e apprezzamento: la satira si è rivelata ben calzante per i social network come Twitter, altre pillole sagaci come i commenti memorabili si prestano a tutte le piattaforme commentabili, e le freddure (anche se secondo me non meritano di rientrare nell’arte dell’umorismo) abbondano in tutte le salse.
Qui bisogna fare una precisazione: anche i giochi di parole abbondano, che è cosa buona e giusta, ma è ben noto che considerarli una forma di umorismo è un crimine contro l’umanità.
Su Internet, in realtà, l’umorismo da il suo meglio nelle forme visive, sia per una certa pigrizia, sia per l’immediatezza e l’efficacia dell’immagine come medium. L’immagine infatti riesce in qualche modo a far sopravvivere le barzellette in forma non completamente dialogica grazie agli screen di conversazioni facilmente falsificabili su cui molte pagine hanno creato la propria popolarità. In realtà possono essere molto efficaci se usati con le giuste precisazioni come la dichiarata falsità e un ovvio intento umoristico.
Ovviamente altre forme visive di umorismo più vecchie e consolidate si sono rivelate più solide che mai come, per esempio, il fumetto: quelle che erano un tempo le strisce o le vignette satiriche sui quotidiani, oggi sono webcomic. Si può parlare molto dei cortometraggi, spesso importati dalla televisione, che hanno trovato un enorme spazio in rete, inizialmente solo sul Tubo, per poi sbarcare anche su Facebook. Rivivono le vecchie candid camera, oggi riproposte sotto forma di megaschezoni o qualche volta abusando dell’espressione esperimento sociale. Youtube in particolare è stata trampolino di lancio per vari comici e animatori anche di alta qualità. Unica nota drammatica è il proliferare di parodie fatte male e volutamente di bassa qualità che fanno visualizzazioni facili e, no, non mi riferisco ai doppiaggi. Anche Vine si è rivelato essere uno strumento interessante, soprattutto per i già citati scherzoni.
Una menzione d’onore va fatta ai meme, senza soffermarmi sul significato della parola, il più delle volte usata male. Dai demotivational poster, alla rage comics, gli advice animals, il pedobear, i lolcats (la cui egemonia è stata rotta dal Doge), fino ad arrivare ai più freschi e dank meme, in molti si sono susseguiti con il solo scopo di fare ridere. Tanti sono degenerati in cancro, altri sono scomparsi prima di fare una brutta fine ma c’è da dire che il tutto in sé è stato possibile solo grazie ai meccanismi sociali che si sono creati su Internet.
Morale della favola: Internet ci ha lentamente privato di quella grande piaga che erano le barzellette per consegnarcene tante altre, quindi non disperate, ci sarà sempre da ridere, anche se non si consumerà ancora la vendetta del fantasma formaggino.
*Questo articolo è stato originariamente pubblicato su http://polloita.altervista.org oggi progetto morto.